La definizione della Treccani di calcio relazionale è la seguente: “nel calcio, sistema di gioco che prevede la rapida messa in relazione tra più giocatori di una squadra attraverso il possesso palla, senza badare all’occupazione fissa di spazi e posizioni, al fine di creare situazioni di superiorità numerica in ogni zona del campo.
Un calcio capace di esaltare le qualità, le caratteristiche e i momenti emozionali dei giocatori, soprattutto quelli più tecnici.
Anche perché connettere tra loro i giocatori, rende tutti poi un po’ più felici.
Un calcio che non ha paura di prendere una forma asimmetrica, che vuole dominare il possesso non per tattica e spazi predefiniti ma per tecnica e spazi dinamici. Il focus passa dallo spazio alla palla (e ai giocatori)”.
Nel calcio relazionale è la performance individuale a determinare gli spazi. Nel calcio relazionale si sviluppano potenziali posizioni a partire dalle relazioni.
Le origini del calcio relazionale
Il calcio e le sue tendenze, come per moltissimi altri ambiti della vita umana, è quasi sempre un ritorno di cose che crediamo mai viste, e invece avevamo solo dimenticato, superato per poi ritrovarcele d’avanti.
Il gioco funzionale (o aposizionale) ha radici antiche in Sud America.
Nato e perfezionato in Brasile già dagli anni’30, questo stile enfatizza la libertà di movimento e l'interconnessione tra giocatori, consentendo a ciascuno di loro di supportare i compagni e muoversi come un organismo unico.
In quegli anni si praticava il Joga Bonito, che poi fu messo in disparte dopo il Maracanazo, in cui il Brasile fu umiliato in casa dall’Uruguay nella finale del 1950, ma poi riproposto grazie a Pelè e Garrincha, che permisero ai verdeoro di vincere la loro prima Coppa del Mondo nel 1958 e poi alla Fluminense al titolo carioca l’anno dopo.
Anche il titolo del 1970, ahinoi a spese dell’Italia, fu all’insegna del gioco di mobilità, come lo ha chiamato la federazione brasiliana qualche anno fa, e condotto “dai 5 numeri 10” Pelè, Tostao, Gerson, Jairzhino e Rivelino.
Una delle massime espressioni di questo approccio è stata la Seleçao grande favorita ai Mondiali di Spagna del 1982.
Quella squadra, con allenatore Telê Santana, aveva come tema principale il muovere palla e i giocatori e non occupavano delle zone fisse di campo per svolgere determinate funzioni.
Si trattava di passare la palla e muoversi nello spazio creando linee di passaggio vicine al portatore. I brasiliani accumulavano giocatori nella zona centrale del campo: oltre a Zico e Sócrates c’erano anche Falcão e i due terzini Leandro e Júnior i quali, in possesso, potevano agire da vere e proprie mezzali.
L’accumulo di elementi nel mezzo era dettato dalla volontà di dominare i corridoi centrali del campo.
La palla gravitava perciò molto in quei canali e, di conseguenza, anche i giocatori.
L’intera fase di possesso si basava sull’idea di garantire appoggi al portatore di palla e di favorire le giocate tecniche a due e a tre nelle quali i tecnicamente dotati giocatori brasiliani eccellevano.
Il cambio di posizione era l’essenza del loro movimento offensivo.
Pur avendo principi di partenza simili, fra le nazionali verdeoro del ’58-’62 e ’70 e quella dell’82 c’erano alcune differenze; nelle prime 3 i cambi di posizione avvenivano con un terzino o un’ala.
Nel 1982 c’erano molte rotazioni tra Falcão, Júnior, Leandro e Sócrates che ricordavano un po’ i concetti del futsal e del vecchio futebol bailado, abbandonato nei due mondiali precedenti.
Quella era una squadra che cercava il possesso palla ma più verticale e con molti cambi di posizione, giocava quasi sempre in velocità.
Anche il Brasile di Scolari Campione del Mondo nel 2002 fu un’espressione di questa filosofia e giocava anch’esso un calcio più in verticale, avendo un tridente composto da Ronaldinho, Rivaldo e Ronaldo il fenomeno.
Nel gioco relazionale anche il contributo dell’Argentina resta indelebile. Lo stile criollo, “autoctono” dell’albiceleste, rappresentò ancor prima del joga bonito la maniera unica di vedere questo sport in Sud America.
Il River Plate anni ’40 giocava un calcio “basso, corto, preciso, artistico e dinamico” definito così dal giornalista Dante Panzieri, come poi avrebbe fatto la Selección nella vittoriosa Copa América del 1957 in Perù, che vinse tutte le partite con almeno 3 gol fatti.
I meriti argentini sono da spartire poi anche con l’Uruguay; in quello chiamato calcio rioplatense il calciatore aveva in sé le doti per riuscire a gestire una gara; aveva conoscenza del gioco, capacità tecnica, precisione nel passaggio, preparazione atletica, spaziatura adeguata in campo.
La sensazione del tempo, del momento in cui ci si doveva separare dalla palla, come in obbedienza a uno spartito superiore che si percepisce, si sente.
L’Uruguay paese di tre milioni di abitanti, presentò la sua incredibile tradizione calcistica nel trittico vincente Olimpiadi del 1924, del 1928, e Campionato del Mondo nel 1930, attraverso un gioco ricco di finte, movimenti senza palla, passaggi corti e rapidità d’esecuzione.
Il calcio relazionale ai giorni nostri
1) Nel calcio più vicino ai giorni nostri una delle maggiori espressioni del calcio relazionale è da attribuire alla Fluminense: densità in zona palla, asimmetria e ritmi adatti ai propri migliori giocatori.
L’asimmetria è un concetto importante perché dare libertà ai singoli presuppone che, muovendosi, la squadra possa avere superiorità numeriche in certe zone, lasciandone altre meno coperte.
Questo ed altri aspetti non sono facili da accettare per allenatori abituati al controllo totale, o quasi, della propria squadra.
“La mia squadra gioca un calcio aperto, che suggerisce, lascia spazio al calciatore per creare cose, per evolvere.
Così, col tempo, se fai le cose bene, inizi a riconoscere che tipo di giocatori hai e come puoi basare la partita per avere un vantaggio sull'avversario, come attaccare molto e non essere vulnerabile, questo è qualcosa che ho provato a migliorare nel corso del tempo”, questo il concetto di calcio relazionale espresso da Diniz.
2) L’Argentina di Scaloni
La nazionale vincitrice dell’ultimo mondiale ha applicato simili principi: una squadra capace di vincere cambiando struttura o sistema in ognuna delle sette partite del Mondiale.
Cercando di adattarsi agli avversari e al suo fuoriclasse Messi, provando a esaltare il talento argentino assecondandone i movimenti e creando un parco giocatori tecnici offensivi a supporto come Di Maria, De Paul, McAllister, ma anche Alvarez, Paredes, Lautaro o Gomez.
3) Il relazionale in Europa
Anche in Europa abbiamo avuto ottimi esempi che, in misura diversa, hanno cercato di attingere a questi principi: l’Ajax di Ten Haag arrivato in semifinale di Champions League con un attacco di densità composto dalle tre punte molto strette Neres, Tadic e Ziyech.
Anche il Napoli di Spalletti Campione d’Italia 2022-‘23, era una squadra poco posizionale e molto fluida, che riusciva a sfruttare appieno le caratteristiche dei propri giocatori, Lobotka, Kvara ed Oshimen su tutti.
“Non esistono più gli spazi tra le linee, ma tra i singoli giocatori, oggi un numero 10 non esiste più.
Ognuno dei nostri giocatori è un 10, perché in quello spazio oggi ci arriva a giocare anche il terzino, il difensore oltre che la mezzala, il mediano o l’ala.
E se il terzino viene dentro a giocarci, può darsi che ci sia una mezzala che va fuori al posto suo. Si tratta di fargli capire che cosa possono fare quando si trovano a giocare in quello spazio, sia con la palla che quando la si perde e la si va a riprendere” (Luciano Spalletti)
Forse però, l’allenatore che per primo ha fatto da precursore, costruendo grandi squadre e plasmandole sulle qualità dei giocatori a disposizione è stato Carlo Ancelotti, che prima al Milan con Pirlo, Seedorf, Rui Costa poi sostituito da Kaka, e poi al Real Madrid di Kross e Modric, Valverde, Vinicius e Benzema (poi Rodrygo), ha proposto un meraviglioso antenato del calciomrelazionale e funzionale di oggi.
Anche l’Ungheria del tecnico italiano Marco Rossi sta chiudendo il cerchio con il passato ricollegandosi al Golden Team ungherese degli anni ’50 che vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1952 e che perse una sola partita tra il 1950 e il 1956, in occasione della finale della Coppa del Mondo contro la Germania Ovest del 1954.
Il modulo era quello della “doppia M” anche se appunto molto fluido. L’idea rivoluzionaria di Sebes era che ogni giocatore dovesse essere in grado di giocare in tutte le posizioni. La tattica ungherese dei giocatori che cambiano costantemente ruolo e posizione contribuì notevolmente al successo della nazionale.
Il calcio relazionale in Europa è stato espressione principale anche di Rydstrom e del suo Malmö.
I principi della fase di possesso sono volti alla creazione di connessioni fra i giocatori che si trovano in zona palla o che devono muoversi verso di essa proprio per creare una struttura di sostegno che diventa fluida e cerca non già uno spazio da occupare quanto uno da invadere libero dalla presenza di avversari.
Questa struttura flessibile diventa quindi centrale nella gestione della palla voluta dal tecnico degli svedesi. In questo senso la circolazione della palla è funzionale proprio alla creazione di associazioni fra i giocatori che agevolino lo sviluppo della manovra.
Caratteristiche del gioco relazionale/funzionale
Il termine vero e proprio è stato coniato dall’analista scozzese Jamie Hamilton nel 2022 per esprimere il concetto di gioco della Fluminense di Diniz.
Il tecnico, come accennato in precedenza, lo definisce “Juego aposicional” (gioco aposizionale), in contrapposizione al gioco posizionale spagnolo.
“La mia scelta è più aposizionale. I calciatori si muovono. È un gioco più libero, di settori, i giocatori possono cambiare in ogni settore, cambiano posizione. Ritengo che questa scelta sia più adatta per la cultura del nostro calcio”.
Nel calcio relazionale i giocatori, quindi, non presidiano in maniera fissa e programmata uno spazio (quasi nessuno ha una posizione specifica in campo), ma quando hanno il possesso palla, tendono a stare vicini per favorire gli interscambi fra compagni; l’obiettivo è trovare il primo uomo libero da marcature per dargli la palla e che dopo ricevuta dovrà puntare la porta nel più breve tempo possibile.
Il calcio relazionale non prevede il dominio del gioco attraverso il possesso, ma utilizza il possesso per tentare di trovare il gol nel modo più facile e veloce, senza perdere troppo tempo con la palla ai piedi.
E’ un calcio capace di esaltare le qualità, le caratteristiche e i momenti emozionali dei giocatori, soprattutto quelli più tecnici.
Anche perché connettere tra loro i giocatori, rende tutti poi un po’ più felici. Un calcio dove prende forma l’asimmettria, che vuole dominare il possesso non per tattica e spazi predefiniti ma per tecnica e spazi dinamici.
Il focus passa dallo spazio alla palla (e ai giocatori). Nel calcio posizionale, lo spazio occupato è fondamentale per poter performare meglio; nel calcio relazionale è la performance individuale a determinare gli spazi.
Secondo Hamilton il relazionismo presenta dei principi, chiamati anche “metafore”:
toco y me voy (dai e vai)
tabela (collaborazione)
escadinha (scala diagonale)
corta luz (velo)
tilting (sovraccarico)
diagonale difensiva
yo-yo (ritorno)
Dai e vai: passo il pallone e mi muovo in avanti. In quello che possiamo chiamare dai e vai notiamo come la volontà sia quella di provocare delle ricezioni in movimento. In questo modo si andrà a cercare di occupare uno spazio – non predeterminato – in maniera dinamica.
Collaborazione: la giocata con cui si collabora assieme al compagno che ha effettuato il dai e vai. La situazione più frequente è quindi quella di un uno-due, per usare termini più vicini a noi, ma non è detto che la giocata di ritorno sia effettuata per forza di prima. Può essere necessario dover attendere per chiudere la collaborazione, magari proteggendo palla spalle alla porta con l’uomo addosso, per questo riferirsi a un semplice uno-due non rende bene l’idea. Si tratta di un vero e proprio modo di collaborare tra due calciatori per aiutare la progressione del pallone attraverso la loro capacità di relazionarsi.
La sequenza di immagini qui sotto mostra il dai e vai e la collaborazione dei giocatori del Real Madrid
Scala diagonale: Ci si riferisce alla disposizione in diagonale con la quale i calciatori vengono messi in condizione di creare connessioni. La ricerca di chi porta avanti questo stile è asimmetrica. Non si vuole la simmetria del juego de posición, ma si preferisce la stortura, l’imperfezione, situazione dove entra in gioco la lettura dell’uomo. Creare queste linee diagonali l’uno con l’altro agevola i giocatori nel ricercare collaborazioni e dai e vai con i quali poter disordinare gli avversari attaccandoli in modo imprevedibile e molto dinamico.
Velo: Quando si vengono a formare delle scale diagonali sul campo, le possibilità che si aprono per i calciatori sono ampie. Una di queste è entrare in collaborazione con chi passa la sfera, ma una variante che nasce di conseguenza è appunto il “corta luz” (“spegnere la luce”). Fingendo di voler completare una tabela, si lascia scorrere il pallone per il compagno alle spalle e ci si muove in avanti, andando quindi a chiedere al ricevente di chiudere la collaborazione con l’autore del velo.
La sequenza sotto mostra il gol del 2-0 del Brasile sulla Germania nel Mondiale 2002, in cui c’è l’escadinha (Kleberson con palla + Rivaldo + Ronaldo) e il velo di Rivaldo che manda in gol lo stesso Ronaldo.
Sovraccarico: possiede numerosi vantaggi, in situazioni di possesso e non. In fase di attacco permette di creare collaborazioni e scale diagonali continue, dovute proprio dall’avvicinare i giocatori per permettere relazioni tra loro. Avere tutta questa presenza di uomini attorno alla palla non solo garantisce la possibilità di disordinare la struttura avversaria, ma favorisce anche la riaggressione immediata. Da sempre le transizioni offensive sono il pericolo maggiore per ogni squadra e la vicinanza tra i calciatori risulta essere il modo migliore per spegnerle sul nascere. Assaltare il portatore di palla una volta averne perso il possesso è dunque la fase chiave della transizione difensiva.
Diagonale difensiva: consiste nell’accentrarsi diagonalmente da parte del terzino del lato opposto al sovraccarico. Stringendo la sua posizione, questi può essere efficace in marcatura preventiva e, allo stesso tempo, può trasformarsi in una mossa offensiva. Infatti, se la palla persa viene subito recuperata o il lato debole viene lasciato sguarnito in costruzione per via del tilting, si apre la possibilità di attaccare sull’altro fronte, che a quel punto risulta scoperto.
Ritorno: consiste nel resistere alla tentazione di cambiare fronte di gioco ritornando sul lato del sovraccarico. Non sempre da un tilt si riesce a far sopravanzare il pallone e capita che la pressione avversaria costringa a tornare indietro. Il ritorno è dunque fondamentale per poter beneficiare nuovamente del sovraccarico, provando così a sfruttarne un’altra volta i vantaggi relazionali.
Nella sequenza sotto, si può notare come dopo un primo cross da sx del Malmö, grazie al sovraccarico e al recupero palla, invece di cambiar lato, si ritorna dalla stessa parte per poi andare al cross di nuovo con inserimento in area tramite combinazione di più uomini.
Dopo essere entrati nel dettaglio delle metafore che guidano il calcio relazionale, una cosa è certa: la ricerca costante del caos. Poggiando su basi teoriche opposte al gioco di posizione, questo nuova interpretazione tende continuamente verso l’imprevedibilità. La volontà è dunque quella di rompere gli schemi prevedibili, non dando più un sistema fisso nel quale realizzare la propria libertà ma, bensì, uno spartito comune nel quale poter improvvisare insieme. Il sistema non è di supporto a sublimare le caratteristiche dei calciatori, sono i calciatori a essere il sistema, a crearlo in movimento e in maniera dinamica grazie alla loro interpretazione e le loro scelte. L’intento degli allenatori che prediligono un calcio relazionale non è vincere la partita a scacchi col collega usando al meglio le sue pedine ma dare gli strumenti ai giocatori per aiutare la loro creatività e le loro letture. Sono esseri pensanti coloro ai quali vengono dati in dote diversi modi di connettersi l’uno con l’altro. Ciò che si viene a creare è una forma di caos intersoggettivo. Un disordine tenuto in contatto da un pensiero, un accordo tra più persone che riconoscono significati comuni. Possiamo paragonare il Fluminense a una band jazz o a uomini dotati degli stessi occhiali per poter leggere la partita, riuscendo così a mettere in compartecipazione la libertà di tutti per formare l’intelligenza collettiva della squadra.
Differenze e similitudini tra il calcio relazionale e il gioco di posizione
Posizionamento e Movimento: nel calcio posizionale i giocatori devono mantenere le posizioni prefissate per creare superiorità territoriale, mentre il calcio relazionale concede maggiore libertà di movimento, favorendo dinamismo e interazione. In quest’ultimo, la posizione è più flessibile e asimmetrica, e si adatta alle diverse situazioni di gioco.
Focus sulle individualità: il calcio relazionale valorizza la creatività individuale e le abilità di dribbling, con l’obiettivo di creare superiorità attorno al pallone. Gli allenatori relazionali incoraggiano i giocatori a prendere rischi e a esprimere le loro abilità. Nel calcio posizionale, l’individualità è invece subordinata alla struttura collettiva: ogni movimento è pianificato per garantire un flusso costante e ordinato del gioco.
Approccio al possesso palla: nel calcio posizionale la costruzione avviene tramite passaggi corti e sicuri, attirando la pressione avversaria per sfruttare gli spazi aperti, mentre il calcio relazionale punta su una circolazione continua del pallone senza vincoli rigidi di posizione, creando zone di sovraccarico per mantenere il controllo del gioco.
Pressing e recupero del pallone: entrambi enfatizzano il recupero immediato della palla, ma differiscono nel modo. Nel calcio posizionale, il recupero è organizzato e compatto, come nel Barcellona di Xavi, mentre il calcio relazionale favorisce un pressing più fluido e flessibile, facilitato dalla vicinanza tra giocatori.
Gestione della difesa: il calcio posizionale prevede una linea difensiva alta e compatta per tenere gli avversari lontani dalla porta e costringerli a commettere errori, mentre il calcio relazionale adotta una difesa più dinamica e flessibile, dove i giocatori collaborano per impedire l’avanzata avversaria.
Le due correnti di pensiero (posizionale e relazionale/funzionale), a prima vista così distanti tra loro per visione e interpretazione, hanno fatto fiorire i primi casi di fusione tra le due stesse correnti di pensiero.
La pratica per allenare il calcio relazionale
Di seguito proponiamo alcune esercitazioni per i principi del calcio relazionale:
Attivazione tecnica
Descrizione: In questa attivazione tecnica lasciare le due squadre libere con due palloni in campo e chiedere ai giocatori di ciascuna squadra di relazionarsi creando delle combinazioni tecniche. Per rendere l'attivazione più stimolante si riduce sempre di più lo spazio a disposizione con i giocatori che dovranno giocare sempre più vicini e associati.
Variante: in base alla categoria si può aumentare o diminuire il numero dei giocatori
Rondos 4vs1
Descrizione: Campo di gioco di forma rettangolare e diviso in due quadrati. Le dimensioni dipendono sempre dalle abilità tecnico-tattiche dei calciatori a disposizione. Situazione di 4 contro 1 in una metà campo mentre un quinto attaccante staziona nell'altro. Gli attaccanti giocano per mantenere il controllo del pallone a tocchi liberi o vincolati, con l'obiettivo di servire il compagno libero nell'altra metà campo dopo almeno 5 passaggi (il numero dei passaggi cambia in base alla categoria e alla qualità dei giocatori a disposizione).
Varianti:
- anziché un difensore posizionarne due
- situazione di 3 contro 1 nella prima metà campo anziché 4 contro 1
- Struttura socio-affettiva:
a) immediatamente dopo il passaggio nell'altra metà campo spostarsi velocemente (il compagno ha bisogno di noi); fare in modo che l'uomo libero non diventi l'uomo solo.
b) giocare in continuità, rimanere mentalmente e tatticamente sempre attivi
5vs3 con cambio campo
Descrizione: Nella figura proponiamo un rondò chiamato “switch”; in questa esercitazione andiamo a sviluppare un 5vs3 (con posizioni non vincolate) in un settore e dopo cinque passaggi abbiamo la possibilità di trovare il vertice nel settore libero; una volta trovato, tutti i giocatori (tranne uno, che sarà il nuovo vertice) si sposteranno nell'altro settore ricreando densità e superiorità numerica dall'altra parte, continuando il 5vs3. Le quattro 'porticine' ci permettono inoltre di dare uno stimolo alla riaggressione immediata; i giocatori gialli, infatti, una volta recuperata la palla, dopo almeno un passaggio tra di loro potranno segnare in una qualsiasi delle porticine.
Obiettivi: creazione di linee di passaggio, la progressione all'interno del campo e la continua costruzione di densità lato palla, che diventa inoltre propedeutica al recupero immediato della stessa una volta perso il possesso.
Rondo strutturato in base al sistema (4vs4 + 6 J)
Descrizione: Nella figura 3 proponiamo un’esercitazione che potremo chiamare ‘rondo struttura’. La definizione del perimetro e dei giocatori interni verrà strutturata in base al numero di giocatori spaziali e perimetrali all’interno del nostro reale sistema di gioco; nel caso specifico ci ispiriamo ad un 1-4-3-1-2; fissiamo la posizione delle punte, dei due esterni bassi e dei due difensori centrali come jolly perimetrali (i giocatori rossi) e mettiamo all’interno i quattro giocatori spaziali e relazionali (i tre centrocampisti e il trequartista) che sono liberi di muoversi, di sovraccaricare lo spazio e di creare connessioni,potendo sfruttare i giocatori jolly nelle posizioni fisse a scarico, in ampiezza o in profondità dei compagni. Abbiamo dunque un 4vs4 + 6 jolly. Per garantire una certa continuità nello sviluppo di queste relazioni potremmo mettere un vincolo di passaggi (che dipende anche dalla categoria allenata) prima di avere la possibilità di uscire dal perimetro per poter andare alla conclusione.
Variante: potrebbe essere quella di eliminare vincoli legati al numero di passaggi e di condizionare quindi l’uscita dal perimetro per la conclusione a un dai e vai tra un giocatore dentro e uno perimetrale.
7vs7 +3 jolly
Descrizione: partita a tema 7vs7 + 3 jolly che si sviluppa tra area e centrocampo. L’area di gioco viene divisa in verticale: ci sarà un jolly interno per garantire ed enfatizzare la superiorità vicino alla palla e due jolly laterali per garantire l’ampiezza. I giocatori in possesso hanno il vincolo di spostarsi nel settore in cui c’è la palla per creare densità e disordinare la struttura avversaria, e solo dopo cinque passaggi avranno la possibilità di entrare in area (anche spostando il gioco sul jolly opposto) dove possono giocare solo di prima con due tocchi totali di squadra. La squadra avversaria, non potendo difendere dentro la propria area, deve cercare di essere aggressiva e di tenere la palla chiusa il più possibile.
Calcio relazionale e futsal
Se pensiamo alle sue origini, cioè quei paesi in cui è molto diffuso il calcio di strada e il futsal, il calcio relazionale/funzionale presenta alcuni aspetti e caratteristiche di entrambi.
La natura del futsal può sicuramente contribuire a sviluppare calciatori in grado di ricoprire più posizioni e ruoli in maniera efficace.
Da molto tempo è ormai superata l’idea che il difensore debba solamente difendere e l’attaccante solamente attaccare; la tendenza degli allenatori odierni è quella di ricercare una squadra fluida, capace interpretare sistemi differenti con un ampio bagaglio di soluzioni offensive e difensive.
Il calcio, qualsiasi sia la sua interpretazione sta andando sempre più verso un contesto in cui i giocatori devono saper fare tutto, in cui c’è una richiesta sempre maggiore di giocatori poliedrici dal punto di vista fisico-tattico-tecnico.
Similitudini futsal-calcio relazionale
In entrambi esistono diversi ruoli ma la natura del gioco porta a continui cambi di posizione per creare spazi liberi e perdere la marcatura dell’avversario, e repentine transizioni, che tra gli altri vantaggi abituano a giocare in molte più zone del campo.
I principi del futsal e cioè il sostegno al portatore di palla, la “copertura offensiva e difensiva”, il “contenimento” e la “vicinanza al pallone” sono molto simili ai principi del calcio relazionale.
Anche nella fase difensiva ci sono somiglianze perché proprio per lo scambio di posizioni, partecipano molti se non tutti i giocatori.
Tatticamente in entrambi c’è supporto al portatore di palla con continua soluzione di passaggio, il padroneggiare un gioco stretto di triangolazioni e la ricerca dello spazio o del compagno libero. Entrambi presentano concetti simili anche difensivamente prevedendo la riconquista del pallone.
Sempre dal punto di vista tattico i giocatori di futsal e calcio realizzano un’efficienza molto simile durante la partita: ciò che li differenzia maggiormente sono la dimensione del campo e il numero dei giocatori
Finte, movimenti senza palla, passaggi corti e rapidità d’esecuzione fanno parte di entrambi
Qui di seguito proponiamo alcune esercitazioni del futsal che potrebbero tornare utili per i concetti del calcio relazionale
5vs4 con interscambi
Descrizione: 5c4 con l’obbligo del giocatore in possesso dentro al box di interscambiare la posizione con un compagno dopo aver trasmesso palla.
Variante: creare un 4c4 + 1 jolly dove nel box può entrare solo un giocatore in possesso mentre fuori si gioca 4c4. Il giocatore che ricevedentro al box deve giocare fuori e uscire dal quadrato per lasciare lo spazio ad un suocompagno.
4vs4 + 3 Jolly per riaggressione
Descrizione: La squadra blu è in possesso palla e gioca 4vs4 contro i rossi con la possibilità di giocare con i 3 jolly (due in ampiezza e uno dentro). Se i rossi recuperano palla, immediatamente i blu devono effettuare una corsa dentro al box per tentare il recupero della palla.
4vs3 con triangoli mobili
Descrizione: La partita a tema non ha regole particolari, ma è molto utile e formativa per l'approccio al calcio relazionale.
La squadra in superiorità ha 2 colori (rosso e blu) e quella in inferiorità 1 solo (giallo). La regola fondamentale della squadra rosso-blu è che il giocatore in possesso palla può passarla solo ad un compagno di colore diverso, così facendo i passaggi possibili saranno 2 e non 3, costringendo i giocatori della squadra in superiorità, ma non in possesso palla, a ricercare luce tra loro e i difensori per essere serviti. Questo consente di sviluppare una ricerca di spazi e collaborazioni continue a 3 giocatori sviluppando dei triangoli mobili. Per quanto concerne la squadra a 3 giocatori (gialla) può riequilibrare le situazioni, andando a difendere sugli attaccanti del colore diverso dal portatore di palla e sullo stesso portatore, disinteressandosi del compagno dello stesso colore del portatore. Anche questa fase dovrà essere interpretata con continui scambi di marcatura a seconda di come si muove la palla. La squadra gialla può, se recupera palla andare in transizione verso la porta opposta.
Partita a tema: collaborazione
Descrizione: I giocatori in possesso palla non possono effettuare dribbling. La regola impone ai giocatori la ricerca della collaborazione con i propri compagni che devono dare al possessore del pallone più soluzioni in zona luce sopra e sotto la linea dello stesso. L'unica situazione in cui è concesso dribblare l'avversario è quando l'azione di 1vs1 precede il tiro in porta.
Nel caso in cui un giocatore superi in dribbling un avversario senza poi cercare la finalizzazione si effettua un immediato cambio del possesso palla tra le due squadre; l'azione può essere ripresa immediatamente senza battere un calcio di punizione.
Anche sul calcio d'angolo è richiesta la collaborazione con un compagno, non si può crossare in mezzo.
La ripresa del gioco da fallo laterale va effettuate o con le mani o con i piedi ma con palla a terra.
Varianti: Aumentare o diminuire il numero dei giocatori in base alla disponibilità, così come le dimensioni del campo ed eventualmente, in mancanza dei portieri, giocare con porte piccole.
Questa esercitazione non è prettamente impostata per il futsal, ma in qualche modo ne riprende i principi, così come per il nostro argomento del calcio relazionale; la partita si può adattare facilmente anche al settore giovanile.
Conclusioni
Allenare secondo i principi del calcio associativo-relazione implica una cosa fondamentale, cercare di dare meno riferimenti posizionali ai giocatori nelle esercitazioni, al contrario ovviamente del gioco posizionale.
Per capire questa “filosofia calcistica” è interessante analizzare alcune dichiarazioni di Rydstrom e di come abbia intrapreso questa strada:
"La mia sensazione quando giocavo era quella che potevo fare molto di più di quanto mi fosse permesso fare; molti allenatori mi dicevano di non correre rischi e giocare sempre in sicurezza. Quando giocavo con i miei amici, invece, da più giovane, giocavo in un modo totalmente diverso da come giocavo come calciatore professionista", aggiunge ancora "Difensivamente, volevo che fossimo vicini l'uno all'altro. Tutti lo vogliono, ma poi ho iniziato a pensare che cosa sarebbe successo se potessimo essere vicini l'uno all'altro anche con la palla? Allora possiamo iniziare a connetterci e trovare soluzioni e progredire da lì”.
Anche altri allenatori hanno questa visione di libertà da dare ai giocatori:
Ancelotti di recente ha affermato che: “Quando siamo in possesso palla dobbiamo tenere conto della cretività dei giocatori”.
Oscar Cano, durante il CoachesWorld ’24 ha dichiarato che “l’allenatore oggi deve facilitare gli schemi flessibili, che non generino automatismi, ma ottimizzare condotte spontanee”; ha proseguito poi dicendo che “il gioco lo provocano i giocatori, tramite relazioni sostanziali e aumento di spontaneità, il tutto per ottimizzare la socioaffettività”.
Ricordo ancora, qualche anno fa, quando andai tramite la società per cui lavoravo a fare una giornata di aggiornamento a Zingonia, nel centro sportivo dell’Atalanta, dopo la fine dell’allenamento, l’allora allenatore della Primavera Fabio Gallo, ci disse che loro in fase di possesso, nella metà campo offensiva, lasciavano piena libertà ai giocatori di esprimersi.
L’argomento trattato, come abbiamo visto, è nuovo vecchio modo di intendere l’espressione calcistica, ovviamente con tutti gli adattamenti e le evoluzioni che la nostra “epoca” comporta.
Tutto questa rivoluzione è esattamente quello che la parola significa etimologicamente, da revolvere, ‘rivolgere, volgere nuovamente‘.
Così come per altre situazioni, c’è chi è più integralista di altri ma spesso le varie idee calcistiche, anche le più all’antipodi, vengono fuse, completamente o solo in parte, o complementate, sempre per una ricerca di nuove soluzioni con lo scopo di mettere in difficoltà l’avversario e costringengerlo a trovare anch’esso nuove strategie ed è questo che rende il gioco del calcio così affascinante ed emozionante.
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