A cura del Prof. Damiano Sibillo
In questo articolo viene descritta l’agility, qualità fondamentale per il calciatore; approfondendone le peculiarità e le strategie atte al suo miglioramento.
Vengono prese in esame alcune metodologie in voga nel mondo della preparazione fisica nel calcio e analizzati i limiti e le discordanze con il reale modello prestativo.
Successivamente viene indicato un metodo di allenamento (Soccer Agility Method) con due esercitazioni esemplificative.
"L’agilità è un importante caratteristica per gli atleti degli sport di squadra. Negli ultimi anni si è verificato un crescente interesse sui fattori che influenzano la performance di agility così come sui protocolli valutativi e le strategie di allenamento per migliorare questa qualità” (Darren, 2016).
Che cos’è l’agilità per un calciatore nella preparazione fisica?
Quando possiamo definire un calciatore agile?
In che modo si può allenare questa qualità fisica, sempre che di “fisico” si stia parlando?
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L’obiettivo di questo excursus sull’agilità nel calcio è quello di definirne le caratteristiche principali grazie alle informazioni presenti in letteratura e successivamente di proporre una metodologia atta al suo miglioramento.
Cos'è l'agility?
“L’agilità è definita come un rapido movimento di tutto il corpo con un cambio di velocità e/o direzione in risposta a uno stimolo” (Sheppard & Young, 2016).
Già partendo da questa definizione, seppur molto generale, possiamo subito intuire come non si stia parlando di una qualità esclusivamente “fisica”, ma,
presupponendo la risposta a uno stimolo, diventa immediatamente chiaro il coinvol- gimento cognitivo all’interno del suo sviluppo.
Negli ultimi anni, nel mondo della preparazione fisica nel calcio, si è sentito
spesso parlare di psicocinetica, parola che per l’appunto mette insieme “psico” quindi mente, e “cinesi”, movimento.
Si parla quindi dello sviluppo di attività che prevedono un movimento in risposta a stimoli di carattere cognitivo.
Il classico esempio che si può fare in merito a un esercizio per lo sviluppo della psicocinetica nel calcio è lo sprint in risposta a un “comando” visivo come le luci.
Ma siamo sicuri che si stia parlando di agility? Siamo certi che la di- rezione di questa metodologia di allenamento sia quella di rendere più agili i nostri calciatori?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo approfondire ancora di più la definizione di agility.
Osservando lo schema proposto da Serpell, si può notare come l’agilità possa essere scomposta in due grandi fattori: quello “fisico” (parte destra della
figura) e quello “cognitivo” (parte sinistra, cerchiata in rosso).
Nello specifico, in quest’ultima sezione si nota come questo fattore venga definito “percezione e presa di decisione”, suddiviso poi in analisi visiva, conoscenza delle situazioni, pattern di riconoscimento e anticipazione.
La domanda sorge spontanea: si allenano queste componenti attraverso le classiche esercitazioni “psicocinetiche”?
Tanto spontanea la domanda quanto scontata e semplice la risposta: evidentemente no!
Come veniva allenata la rapidità?
La pratica più comune era far svolgere agli atleti, esercitazioni sui cambi di direzione in dei percorsi su brevi distanze.
Questo era evidente soprattutto a bassi livelli agonistici (e lo è purtroppo tutt’ora).
Spesso le sedute di allenamento prevedevano che questi percorsi fossero inseriti all’interno di un circuito, con un numero variabile di stazioni, soprattutto variandone lo svolgimento.
Il numero di ripetizioni e di serie di tali cambi di direzione, oltre ai tempi di recupero (spesso troppo brevi), così da simulare quelli che venivano ritenuti gli angoli più frequentemente messi in pratica durante i match domenicali.
I limiti di queste pratiche sono che venivano svolte unicamente il venerdì / sabato a seconda della categoria, e che venivano utilizzate come unico mezzo per lo sviluppo della rapidità in maniera specifica oltre a non comprendere gli aspetti cognitivi di questa abilità.
L’unico altro modo per migliorare quest'abilità era infatti per via indiretta, attraverso i transfer che uno sviluppo delle componenti fisiche potevano
portare.
Come vedremo successivamente, in questa maniera, suddetti transfer su un reale miglioramento dell’agilità, risultavano essere molto moderati, soprattutto rispetto ad un approccio globale, che possa comprendere sia le componenti fisiche, sia percettivo- cognitive, e che lavori in maniera specifica e derivata su questa abilità per più di una sola volta a settimana.
Gli altri limiti elencati, verranno successivamente sviluppati ed argomentati.
La necessità di agilità nel calcio
Comprendere gli aspetti cognitivi di questa abilità. L’unico altro modo per migliorare questa abilità era infatti per via indiretta, attraverso i transfer che uno sviluppo delle componenti fisiche potevano portare.
Prima di parlare dell’argomento agility in chiave moderna, si rende necessario fare ancora alcune considerazioni riguardo la volontà di riprodurre le varie situazioni che possono occorrere in una partita di calcio.
Per questo scopo, bisogna innanzitutto capire le richieste della pratica Sportiva che analizziamo: il calcio è uno Sport situazionale e di squadra, ed in quanto tale, non esisteranno mai situazioni di gioco identiche le une alle altre, ma al contrario differiranno sempre, anche se solamente per pochi elementi.
Cosa si intende per situazione di gioco?
Con questo termine intendiamo parlare della rappresentazione di una porzione di gara, la quale necessita di riferimenti per indirizzare il gioco quali:
avversari (il loro numero, la loro posizione ed i movimenti che fanno),
i portieri (la loro presenza o meno ed il loro piazzamento),
il pallone (fase di possesso o di non possesso palla e la sua posizione)
spazio (tra me e gli avversari, o tra loro e i miei compagni, o zone libere da attaccare/difendere),
porta (la loro presenza o meno),
la presenza dei compagni (la loro posizione e come si muovono).
Parliamo di situazioni di almeno 1 contro 1, in cui tutti questi elementi servono a dare un’orientazione al gioco nello spazio a disposizione; obbligando quindi i giocatori a fare scelte che possano essere funzionali alla situazione contingente.
Prendendo in considerazione gli aspetti sopra citati, e le altre variabili insite nelle varie situazioni di gioco nel calcio: il tempo (che può essere la durata di gioco, il momento giusto per fare una giocata o per intervenire) e le caratteristiche (mie, dei miei compagni e dei miei avversari).
Come visto, esistono un altissimo numero di variabili a cui fare riferimento quando si prende una decisione, ognuna delle quali può presentarsi con un’infinita gamma di sfaccettature.
Ognuna delle quali genera i presupposti per altrettante possibilità di conseguenze (come banalmente la scelta del mio avversario di occupare uno spazio, piuttosto che seguire l’attaccante che sta marcando e molte altre).
Appare chiaro che sia impossibile definire a priori un lavoro che alleni ogni situazione, evidenziando, quanto un lavoro svolto unicamente su cambi di direzione pre-impostati sia riduttivo e poco efficace quanto più ci rendiamo conto ed apprendiamo cosa abbiamo detto sulle possibili sfumature di ogni variabile.
Le peculiarità dell’agility
Tra tutte le abilità, l’agility, fa da padrona nel gioco del Calcio, in quanto viene utilizzata in ogni momento.
Le situazioni di gioco nelle quali questa cosa è più evidente sono certamente:
durante i rigori,
i calci di punizione ravvicinati,
i tiri da brevi distanze,
gli 1 contro 1,
gli anticipi e le intercettazioni (sia in fase
offensiva, sia in fase difensiva).
I primi due punti potrebbero sembrare fuori luogo, ma da un certo punto di
vista, è vero che i portieri studiano gli attaccanti, soprattutto per come tirano punizioni e rigori, e quindi sotto questo aspetto potrebbero “battezzare” un palo su cui tuffarsi.
Il rapporto fra la potenza di tiro e la distanza dalla porta, spesso non lascia la possibilità al portiere di aspettare che il tiro parta, provando a pararlo basandosi unicamente sui propri riflessi.
D’altro canto però, capita che i portieri stessi si tuffino basandosi su alcune supposizioni, derivanti dalla percezione di determinati dettagli cinematici e posturali (come analizzeremo nel corso di questa tesi).
Inoltre, anche ammesso di indovinare la traiettoria di tiro, questa potrebbe differire anche solo leggermente dalle aspettative per potenza, angolazione o altezza.
In questi ultimi casi analizzati, l’agilità è fortemente coinvolta nei processi percettivi, di elaborazione, decisionali ed esecutivi, in modo da poter adattare i
movimenti messi in atto per parare il tiro nella maniera più efficace possibile.
Differenziando i processi psichici appena elencati, da quelli prettamente fisici, e considerando alcuni risultati che sono venuti fuori da determinati test che sono riusciti ad isolare i primi dai secondi, possiamo dare il giusto peso a questi due macro- componenti.
Come dice Young (qui mettiamo la traduzione solamente in italiano per non rendere il nostro articolo troppo lungo da leggere), infatti, "La presa di decisione, ha quindi un apporto fondamentale alla performance dell'agility, sebbene rappresenti una parte molto minoritaria del tempo totale considerato.
un dato confermato dalla differenza riguardo l’indice di correlazione tra questo elemento ed il tempo totale, o tra quest’ultimo e quello di movimento effettivo.
Questo ci fa capire quanto fosse incompleta l’idea precedente di rapidità anche a livello statistico.
Infatti Young stesso dice che: "In riferimento a quanto detto prima, dato che atleti più dotati, in diversi studi di netball e rugby, hanno preso decisioni più velocemente rispetto a quelli meno bravi, questo elemento risulta essere fondamentale se consideriamo il concetto di agilità.."
A questo punto viene da chiedersi:
Come allenare l’agility? Quanto posso migliorarla?
L’articolo considerato dice: Lo studio nominato su giovani atleti di èlite di football
australiano, ha mostrato come 11 sessioni di allenamento attraverso gli Small Sided Games, abbiano migliorato addirittura del 31% la performance nei test di agility, indicando inoltre queste abilità cognitive come altamente allenabili anche in atleti già evoluti.
Perché usare degli SSG?
La risposta è data successivamente nel testo, in riferimento ad una ricerca sul calcio: “Sembrerebbe infatti che vi sia poca differenza tra atleti di alto livello o di basso livello, riguardo reazione ad uno stimolo generale come può essere, ad esempio, un test che usa le luci.
D’altra parte però, gli atleti d’èlite riescono a riconoscere meglio
le informazioni importanti dalla postura degli avversari, e quindi a capirne le intenzioni, e a rispondere poi di conseguenza in maniera più efficiente.
Parliamo in questo caso di stimoli Sport specifici, quindi quale stimolo può essere più specifico di una partita che riproduce cosa accade durante i match di campionato, o situazioni di gioco che hanno lo stesso scopo?
Questo è il motivo per il quale sono stati adottati questi tipi di allenamenti, il quale uso, tuttavia, è stato abusato.
Come tratteremo successivamente, questo non deve essere considerato come l’unico elemento allenante, ma una parte delle sedute di allenamento, che dovranno essere integrate con lavori “a secco”, i quali ne compensino le mancanze.
Dato che se adottati oltremisura, possono portare problematiche fisiche importanti.
E non è tutto...
Dopo questo discorso sulle componenti di percezione e presa di decisione, passiamo ora a trattare le componenti fisiche, dato che gli allenatori devono sapere come distribuire i carichi e che stimoli dare per ottenere dei miglioramenti.
Per quanto concerne la correlazione tra le componenti fisiche ed i CODS, bisogna tenere bene presente l’enorme mole di test utilizzatiper via delle differenti richieste specifiche nei vari Sport (i movimenti più frequenti e conseguentemente il range degli stessi).
Altre differenze nei test riguardano il numero dei cambi di direzione ed il loro angolo.
Non esiste quindi un “gold-standard”, un test che vada bene per tutti gli Sport, tuttavia ci sono elementi comuni: Sostanzialmente l’atleta deve completare percorsi precedentemente programmati, muovendosi tra ostacoli come i coni nel minor tempo possibile, solitamente misurato con sistemi di rilevazione elettronica.
Riguardo l’allenamento di forza, invece, si è trovato come la sua rilevanza ed i transfer sui CODS, siano poco chiari.
Infatti: "Il primo studio, quindi, ha evidenziato dei miglioramenti nella performance dei CODS, tramite un lavoro di 8 settimane sugli squat jump con carichi alti (80% 1RM). Infatti la forza in questi gesti è aumentata del 10.2%, mentre la performance durante il T-test del 2.4%.
Al contrario, un lavoro sugli squat di 3 settimane, 5 volte a settimana, con tre serie da tre ripetizioni con carichi pesanti da 90% 1 RM, oltre agli allenamenti sui CODS, in calciatori d’èlite, non ha riportato alcun miglioramento nei CODS."
Nel secondo studio, allenamenti di squat paralleli, oltre ai normali allenamenti dei calciatori, ha portato a miglioramenti significativi, dopo due anni, sulla forza delle gambe con transfer positivi sui CODS.
Se da un lato 2 anni sono un periodo molto lungo, e più che sufficiente a portare miglioramenti a qualunque qualità che involva i muscoli, d’altro canto, nello studio durato 3 settimane, questo periodo può essere risultato troppo breve
per evidenziare apprezzamenti dei miglioramenti apportati dagli allenamenti.
Sempre nello stesso articolo, con riguardo alla potenza e alla forza reattiva si dice che: E quindi un allenamento di otto settimane di jump squat con un’aggiunta di carico del 30% 1RM può produrre un picco di potenza più alto del10% con un miglioramento dell’1.7 durante la performance del T- test.
Invece: "il lavoro eccentrico imposto da un drop jump, può quindi considerarsi come forza reattiva, il quale, date le correlazioni dimostrate con il salto in
contromovimento, può considerarsi come una forma differenziata di potenza."
Detto ciò: "per cui la forza reattiva sembrerebbe correlare molto positivamente con i CODS, per via delle forze eccentriche che si sviluppano durante il piegamento delle gambe nei cambi di direzione.
Questa idea è supportata da un’investigazione, la quale ha evidenziato come forze puramente concentriche correlassero poco coi CODS, a differenza di un drop jump test.
Siccome gli esercizi pliometrici possono lavorare specificatamente sulla
forza reattiva, la quale abbiamo visto essere collerata positivamente coi CODS, sono stati fatti due studi per determinarne l’efficacia: Dopo 6 settimane i risultati ottenuti erano positivi.
Mentre esercizi sui drop jump hanno portato miglioramenti sul “505 CODS test”, esercizi pliometrici multidirezionali hanno migliorato i risultati sia nel T-test, sia nell’ “Illinois CODS test”.
Infine: "per cui si è notato come i fattori che maggiormente influenzano i CODS sono quelli di controllo del moto, più che le qualità di forza in sé.
L’ultima componente fisica da tenere in considerazione, concerne l’allenamento di sprint.
Tramite questo tipo di allenamenti, si sono notati miglioramenti, fintanto che i test utilizzati fossero semplici, e con pochi cambi di direzione.
Man mano che la complessità di tali test andava aumentando, i transfer portati da
questi allenamenti diminuivano sempre di più, fino a diventare pressochè nulli."
Per cui, concludendo, i miglioramenti che possono portare sono limitati.
Tutto questo a conferma di quanto detto prima: i fattori cognitivi fanno da padroni quando si parla di Rapidità, addirittura 59% di varianza media.
La correlazione delle altre caratteristiche prima elencate per quanto riguarda i CODS (che avevano comunque la loro importanza, ma non erano l’unico elemento, né il più importante da considerare) ora cala drasticamente.
Per lo sprint si passa da un 19-55% di varianza media, ad un 11-17%,
mentre forza, potenza e forza reattiva, ottengono una correlazione negativa compresa tra -0.12 e -0.28.
Concludendo, l’autore, fa un elenco di possibili metodi di allenamento delle componenti cognitive: innanzitutto, un’opzione è utilizzare gli 1
contro 1, incoraggiando l’attaccante ad usare finte ed ogni metodo evasivo, mentre il difensore dovrebbe cercare di recepire, dai movimenti dell’attaccante, informazioni per intuirne le intenzioni e reagire il più velocemente possibile.
Un altro metodo è l’utilizzo degli SSG, di cui abbiamo discusso precedentemente,
invitando gli allenatori ad essere creativi in modo da massimizzare l’utilizzo di abilità che includano l’agilità.
Infine dice:"l’ultimo metodo consigliato, riguarda l’uso di allenamenti cognitivi, basati sull’uso di video proiettati, escludendo gli sprint, ma con il solo scopo di far prendere delle decisioni all’atleta il più velocemente possibile.
Questo programma, utilizzato nel softball, è risultato efficace per predire ed anticipare i movimenti avversari, e un potenziale vantaggio è che, escludendo un carico fisico, potrebbe risultare molto utile soprattutto per i giocatori infortunati, essendo probabilmente l’unica attività che possono praticare."
A questo punto, arrivato a delle conclusioni ben precise, Young definisce uno schema ben preciso di tutte le principali componenti.
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