Come allenare tempo e spazio in relazione della giocata: i principi del calcio relazionale
- Riccardo Pontremolesi
- 1 giorno fa
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“La mia squadra gioca un calcio aperto, che suggerisce, lascia spazio a te (calciatore) per creare cose, per evolvere. Così, col tempo, se fai le cose bene, inizi a riconoscere che tipo di giocatori hai e come puoi basare la partita per avere un vantaggio sull’avversario, come attaccare molto e non essere vulnerabile, questo è qualcosa che ho provato a migliorare nel corso del tempo.”
Vogliamo aprire questo articolo riprendendo le parole di Fernando Diniz, ex allenatore della Fluminense attualmente alla guida del Cruzeiro Esporte Clube, in Brasile.
Da questo suo concetto possiamo estrapolare due parole chiavi, due parole che ci rimandano necessariamente al titolo di questo articolo: il termine tempo e il termine spazio.
Due termini che, nel corso degli ultimi decenni, hanno sempre preso più valenza fino a diventare due concetti teorici di straordinaria importanza per il calcio moderno.
Non solo per quello che riguarda il mondo dei professionisti e della Serie A, ma anche il mondo delle Scuole Calcio che, a mano a mano, stanno capendo l’importanza di formare calciatori moderni e non marionette telecomandate.
Forte è stata l’influenza nel corso degli anni degli studi analizzati e riportati da parte del teorico Jean Piaget (1896-1980), studi incentrati sul cercare di comprendere come i bambini arrivino alla conoscenza del mondo.
Questa sua teoria ha fortemente influenzato il pensiero di molti tecnici che hanno cercato di riportare e riproporre queste teorie anche al mondo degli adulti.
Piaget nel 1936 scrive: “soltanto adattandosi alle cose il pensiero organizza sé stesso e soltanto organizzando sé stesso il pensiero struttura le cose”.
Questa frase, che lasciamo e che non andremo ad analizzare o interpretare, speriamo, possa far riflettere a conclusione di questo articolo.
Non è comunque nostro interesse analizzare le teorie di Piaget, forse argomento di futuri articoli.
Proviamo allora ad addentrarci provando ad analizzare i concetti di Spazio e Tempo, provando a dare delle interpretazioni e anche delle soluzioni pratiche per provare ad allenarli nel modo migliore.
Perché è dall’allenamento che possiamo poi raccogliere i frutti durante le partite e durante la stagione; come amo dire sempre ai miei giocatori, se per suonare uno strumento dobbiamo provare ed esercitarsi a lungo, la stessa cosa deve avvenire con il calcio.
Partiamo dall’analisi del termine SPAZIO.
La Treccani ci dà una definizione di Spazio, che riteniamo corretto inserire e analizzare: “luogo indefinito e illimitato in cui si pensano contenute tutte le cose materiali, le quali, in quanto hanno un’estensione, ne occupano una parte, e vi assumono una posizione, definita mediante le proprietà relazionali di carattere qualitativo”.
Dovendo spostare il termine al mondo calcistico e quindi traslarlo nel nostro contesto, possiamo modificare la definizione data: “luogo definito e limitato in cui sono contenuti 22 giocatori i quali ne occupano una parte e ne assumono una posizione, definita mediante le proprietà del calcio relazionale.
Un campo da calcio regolamentare professionista è di circa 108mx68m.
Questo comporta che i 22 giocatori in campo si muovono in uno spazio pari a 7140 metri quadrati. Per ogni giocatore ci sono a disposizione 325 metri quadrati (un quadrato di circa 18x18 metri). Se consideriamo solo i 20 giocatori di movimento questo spazio aumenta fino a 357 metri quadrati. (Cit. Simone Filippo Contran tesi UEFA-PRO).
Proviamo a trovare un esempio pratico di adattabilità nello Spazio. Milano, direzione Pinetina.
Prendiamo l’Inter targata Simone Inzaghi: il tecnico interista, arrivato dopo la vittoria dello scudetto da parte di Antonio Conte, ha evoluto e trasformato il 3-5-2 Contiano in un’orchestra dove ogni giocatore sa cosa fare, sa come fare, sa come attaccare.
Non che quello Contiano non fosse uguale, ma certamente il tecnico salentino prediligeva dei meccanismi diversi: baricentro più basso, riconquista palla con un pressing comandato ferocemente dal tecnico, ricerca della verticalizzazione su Lukaku che di sponda o in velocità permetteva di arrivare in porta.
Inzaghi, invece, come accennato ha evoluto il Conte-Pensiero, dando all’Inter una mentalità diversa, più incentrata sulla fluidità relazionale dei giocatori rispetto a schemi predefiniti e vincolati.
Sicuramente il tecnico interista non ha potuto beneficiare degli stessi giocatori avuti dal tecnico salentino.
Non è casuale vedere, per esempio, Bastoni, un difensore centrale, arrivare in conduzione o attraverso triangolazioni all’area di rigore.
Non è casuale trovare centrocampisti in fase di costruzione che vanno a sostituirsi ai difensori e questi avanzino di reparto occupando gli spazi dapprima dei centrocampisti; questa è una delle giocate preferite e soprattutto provate dall’Inter in fase di costruzione dal basso.
Ma questo ci riporta, allora, al concetto di SPAZIO: è vero, il rettangolo verde è di dimensioni considerevoli se paragonato al basket, ciascun giocatore dovrebbe saper coprire determinate zone in base al ruolo che ha.
Per esempio, un attaccante copre zone di campo diverse da quelle di un difensore centrale; anche qua poi dobbiamo distinguere le zone che deve coprire l’attaccante centrale dall’attaccante esterno e quelle che deve coprire un difensore centrale da quello di un difensore esterno; ma allora perché Bastoni può permettersi questo “lusso”?
Come mai, cosa ha di diverso? L’ulteriore domanda è: come possiamo fare ad allenare queste situazioni, come possiamo pensare di rendere il gioco fluido a livelli massimi?
Proviamo a vedere la cosa allora da un’altra prospettiva ancora e proviamo a riprendere il nostro discorso dalla frase “Bastoni che conduce palla e arriva fino all’area di rigore avversaria”: non è lo stesso concetto di “se ho palla e riconosco uno spazio libero davanti, lo conquisto in conduzione”?
Questi principi più sono allenati dai più piccoli, più permettono ai giocatori più “grandi” di essere mentalmente più sviluppati nel saper affrontare i centinaia di problemi che durante la partita si presentano.
Più i nostri giocatori sono abituati a leggere, vedere, interpretare queste situazioni più saranno in grado di gestire in modo autonomo le loro decisioni.
Chiaramente Bastoni, se avanza e porta palla, obbliga i propri compagni di squadra a prendere decisioni diverse: chi lo copre? Chi è pronto a prendere il suo posto in caso dovesse perdere palla? Chi gli dà un sostegno? Chi è il terzo uomo che lo supporta nell’azione? Sta qui la libertà concessa dall’allenatore interista ai propri giocatori rispetto a dei dettami tattici più vincolanti.
Proviamo allora spostare la nostra attenzione in una zona di campo più avanzata, focalizzandoci sugli attaccanti.
Un attaccante che attacca lo spazio alle spalle dei difensori non sta semplicemente andando ad occupare uno spazio libero alle spalle dove potrà fare del male alla squadra avversaria?
Ma anche questo concetto possiamo estenderlo ai centrocampisti che, istruiti dal proprio allenatore in fase offensiva a dover ricercare l’occupazione di spazi, possono portare al medesimo risultato.
Con il termine spazio allora non intendiamo solo ciò che ciascun giocatore deve occupare sul campo da gioco, bensì la capacità di ciascun giocatore di interpretare e leggere le situazioni individuando uno spazio libero da andare ad occupare.
Ma non occupare casualmente; bensì occupare per ottenere un vantaggio rispetto alla squadra avversaria mettendoli in difficoltà.
Ma come possiamo allenare questo concetto fin dai più piccoli, fin dalla scuola calcio?
E’ chiaro che questi concetti possono essere tranquillamente riportati in ambiti di prime squadre o squadre di settore agonistici; tuttavia ritengo come ampiamente detto in altri articoli che le case vadano costruite dalle fondamenta.
Se tutti i giocatori fin da piccoli sono abituati a leggere le situazioni e a risolvere i problemi, crescendo saranno ancora più maturi e abili. In un precedente articolo abbiamo parlato di tecnica funzionale come unione di tecnica analitica e situazionale. Ecco, ripartiamo dalla tecnica funzionale, dalla “funzione”.
Ed è qua che le situazioni ridotte, le partite a tema ci vengono in soccorso.
Sono gli strumenti più utili per far conoscere “il gioco” ai giocatori, in quanto sono quelle più rappresentative di ciò che i giocatori troveranno in partita.
Certo, non saranno MAI situazioni ripetibili, ogni azione sarà diversa dall’altra.
Se prendiamo come esempio la classica situazione di 3v3 con 4 porticine, questa ci permette già di esplorare una miriade di situazioni.
Il gioco è caos, è imprevedibile, ma già con questi strumenti riusciamo a poter far riconoscere ai nostri giocatori situazioni di “spazio libero, conduco e lo occupo” oppure “se il mio compagno occupa quello spazio, io devo fare qualcosa, per esempio occupando un altro spazio per dargli sostegno e/o fargli trovare una linea di passaggio ulteriore per avanzare” oppure “provo ad attaccare uno spazio libero per andare a cercare il goal nella porticina”.
E questo è solo un esempio di come poter partire da una situazione ridotta ma che porta i nostri giocatori ad avere una direzione, ad avere dei compagni, ad avere degli avversari. Il GIOCO che ritroveranno la domenica in partita.

Nella figura sopra possiamo proprio andare ad osservare la partita 3v3 con 4 porticine.
Questo primo step è molto importante perché permette ai ragazzi di comprendere la collaborazione e soprattutto la relazionalità tra di loro. E’ importante perché il possessore, ottenuto palla ha moltissime scelte da poter effettuare:
Può pensare di dribblare
Può pensare di avanzare se ha posto;
Può pensare di giocare ad un compagno che si è mosso occupando un altro spazio -> al contempo lui stesso dovrò fare qualcos’altro per supportare la manovra
Si comprende facilmente, quindi, come da una semplice situazione 3v3 i concetti da far visualizzare siano molteplici.
La volontà di inserire le 4 porticine in cui segnare una rete, con delle regole per esempio che il goal per essere valido deve essere effettuato OLTRE la metà campo, non è casuale: permette in questa prima fase di porre l’accento sulla collaborazione di gioco tra i 3 cercando di sviluppare relazioni di gioco per arrivare alla conclusione.
Il secondo step potrebbe essere, invece, quello riportato in figura sotto.

L'esercitazione è la medesima del 3v3 con 4 porticine vista inizialmente solo che, questa volta, non si attaccano delle porticine ma per ottenere un punto/segnatura di un goal bisogna effettuare un inserimento nello spazio indicato e delimitato in figura.
Entrare in conduzione nello spazio non fa guadagnare punto; ricevere palla stoppandola all’interno di quello spazio sì.
Nel caso rappresentato abbiamo fatto in modo che il giocatore a destra blu passi la palla al giocatore più avanzato che, dribblando e facendo campo, serva poi il giocatore di sinistra che si è buttato in quello spazio ricevendo e stoppando la palla lì dentro.
Come evidenziato questo è uno step ulteriore, è un passaggio avanzato rispetto a quanto visto nel primo caso con le 4 porticine: la richiesta cognitiva è maggiore, devo inserirmi, devo comprendere quale sia lo spazio da occupare e come occuparlo affinché gli altri miei compagni possano poi permettermi di fare punto.
Possiamo anche poi salire nei numeri proponendo partite a tema che vadano a stimolare i nostri giocatori, i nostri bambini, a comprendere il gioco.
Una partita, per esempio, 8v8 o 9v9 dove una squadra attacca una porta difesa dal portiere e l’altra per fare punto deve costruire azioni volte ad attaccare uno spazio alle spalle della difesa avversaria.

Nella figura sopra possiamo osservare una partita 7v6 in cui la squadra rossa difende la poa con il portiere e per fare punto deve attaccare lo spazio alle spalle della difesa blu stoppando la palla a seguito di un inserimento; la squadra blu, invece, deve costruire azioni per segnare goal nella porta difesa dal portiere.
Ovviamente le squadre poi invertono i compiti per permettere a tutti di sperimentare.
Questa è una semplice progressione didattica al fine di far comprendere ai ragazzi alcuni principi del concetto di SPAZIO in cui non è necessario mantenere la propria posizione statica e fissa; se i miei compagni adattano il loro comportamento alle mie scelte tutto allora è possibile.
E tutto allora è possibile, come il gioco dell’Inter di Simone Inzaghi.
Possiamo anche proporre partite a tema con dei campi divisi in settori orizzontali in cui è possibile entrare nei settori avanzati solo in conduzione proponendo situazioni di superiorità numerica.
Vediamo più nel dettaglio un esempio di questo tipo: nei settori con le porte si gioca un 2v2 (quindi situazioni di parità numerica) mentre nel settore centrale si gioca un 4v4.
E’ possibile avanzare nel settore centrale attraverso conduzione e/o ricevendo la palla dopo aver attaccato quel settore, posso entrare nel settore avanzato.
Entrato nel settore, tuttavia, devo ricomporre nel settore lasciato in inferiorità una situazione di parità numerica quindi un giocatore centrale dovrà abbassarsi per ricomporre il 2v2.
Nel settore offensivo, invece, se si va ad occuparlo con conduzione e/o attacco, possiamo mantenere la superiorità 3v2 per chiudere l’azione.
Non si vincola così il mantenimento ma la lettura degli spazi creati, la lettura del gioco, l’interpretazione di quello che avviene: se ho posto, conduco, avanzo, faccio campo.
E quel movimento INDUCE i compagni a adattarsi, a fare qualcosa di diverso. Questo permette ai giocatori di prendere coscienza di cosa avvenga intorno a loro, di osservare adeguatamente gli spazi che potrebbero esserci provando ad andare ad occuparli.
E tutte queste non sono altro che GIOCATE, il titolo del nostro articolo.

La situazione di partenza prevederebbe, invece, la possibilità di attaccare lo spazio centrale mantenendo una superiorità 5v4 che permetta ai giocatori di sviluppare altre relazioni di gioco e permettendo una riuscita offensiva maggiore potendo proporre un 3v2 nel settore finale.
Proviamo ora a focalizzarci sul concetto di TEMPO. Quando parliamo di tempo ci riferiamo a diverse situazioni, a diversi elementi: una giocata fatta correttamente con i tempi giusti, rapidità di pensiero, rapidità della giocata, l’attacco di un certo spazio con i tempi giusti, la capacità della squadra di saper variare modo di giocare in base alle necessità e al momento della partita.
Ecco, nuovamente ritroviamo il dualismo tempo-spazio.
Approfondiamo.
Se lo spazio è più qualcosa di tangibile, osservabile, visibile dai nostri giocatori, il tempo è leggermente più sofisticato da gestire, da “allenare”, da far comprendere ai giocatori.
Uno spazio libero in un modo o in un altro riusciamo a farlo vedere ai giocatori, riusciamo a trasmettere tale informazione attraverso il gioco e l’allenamento; chiedere invece ad un giocatore di effettuare una certa giocata con i tempi giusti comincia ad essere molto più complesso, più difficile.
Questo perché presuppone non solo la decisione di QUALE giocata fare, ma implica la QUALITA’ nel fare quella giocata, ergo una buona padronanza tecnica del gesto.
E allora è lì che l’allenatore deve intervenire proponendo esercitazioni, situazioni ridotte, partite a tema che mettano nella condizione il giocatore di provare, sperimentare, capire quale giocata fare, come farla, con che tempo farla.
Potremmo ampliare questa situazione a movimenti senza palla.
Se la disposizione tattica scelta prevede che la prima pressione sul portatore palla avversario la faccia la mezzala di riferimento, se questa legge male la situazione e arriva in ritardo, non riuscendo a padroneggiare il tempo e non comprendendo di essere effettivamente in ritardo, consente alla squadra avversaria di avere un vantaggio non irrisorio, ergo induce automaticamente la squadra a dover trovare una contromossa adeguata a quella situazione non andata a buon fine.
Se ritorniamo all’esempio proposto durante l’analisi del concetto spazio, possiamo ampliare quanto affrontato sull’inserimento alle spalle.
È chiaro che attaccare lo spazio alle spalle di un difensore o di un avversario implica da un lato l’osservazione di quello che sta avvenendo, dall’altro però implica anche un’ottima lettura del tempo di inserimento.
Entrare troppo in anticipo potrebbe significare essere in fuorigioco; passare la palla troppo in anticipo potrebbe compromettere la buona riuscita del movimento da parte del giocatore senza palla.
Come si intuisce, quindi, l’unico modo per riuscire in questi intenti è lasciare liberi i giocatori di provare, di sbagliare, di sperimentare.
Più un giocatore ha possibilità di sperimentare e sbagliare, più riuscirà in modo autonomo a trovare la giusta soluzione e la giusta risoluzione.
In tutto questo, quindi, è importante comprendere davvero l’importanza del tempo: ok l’occupazione dello spazio, bene il saper riconoscere lo spazio da occupare, come occuparlo e quando occuparlo.
Ma tutto questo deve rientrare nel tempo della giocata, nel tempo situazionale.
Ecco, per poter allenare tempo e spazio l’unico modo è avere pazienza, avere fiducia nei propri giocatori, evitando di sovraccaricarli con richieste tattiche e tecniche che limiterebbero la loro osservazione e la loro fantasia.
Non solo, gli allenamenti devono essere strutturati in modo che siano presenti situazioni quanto più vicine alla realtà della partita, come già detto in precedenza, al fine che i ragazzi possano adattarsi ai momenti, alle situazioni, alle componenti che potrebbero ripresentarsi in partita.
Potremmo, per esempio, effettuare delle partite dove stimoliamo i giocatori a lavorare contro avversari che pressano molto forte oppure contro avversari che non effettuano pressione ma attendono. Questo permette ai giocatori di saper eventualmente come comportarsi, cercando così di provare a dominare tempo e spazio.
Se ci soffermiamo su questo concetto di “Tempo-Spazio” è quasi obbligatorio affermare che questi prescindono da qualsiasi contesto tecnico-tattico pensabile ed immaginabile, come detto.
Dominare tempo e spazio diventa allora imprescindibile se vogliamo costruire giocatori moderni, giocatori in grado di risolvere le centinaia di problemi che una partita di calcio può offrire, lasciando la libertà ai ragazzi e ai giocatori di provare e di sperimentare, nonché di sbagliare.
Ai ragazzi oggigiorno chiediamo troppo spesso di effettuare cose complesse e telecomandate, venendo quest’ultimi sovraccaricati di richieste e di esigenze che limitano la loro fantasia, limitando le loro possibilità di risoluzione autonoma di problemi.
Dovremmo cominciare invece a lasciare i ragazzi liberi, intervenendo quando necessario chiedendo alternative alla giocata effettuata, chiedendo il perché di quella giocata.
I giocatori devono essere in grado di capire quello che stanno facendo, come lo stanno facendo; ma al tempo stesso essere anche consci dell’esistenza di altre giocate magari non viste.
Dobbiamo lasciare i nostri ragazzi liberi di giocare al gioco più bello del mondo.
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