Nel calcio d’elitè si gioca troppo?
- Alessandro Moppi
- 16 mag
- Tempo di lettura: 5 min
Quest’articolo è un’estratto della mia tesi di Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche dello Sport e dell’Attività Motorie Preventive e Adattate.
Com’è cambiato il calcio d’elitè
Negli ultimi 20-25 anni il mondo del calcio, soprattutto quello di élite, è cambiato sia per l’evoluzione del gioco, sia per una sua evoluzione, che possiamo chiamare anche necessità, economica.
Siamo passati da presidenti mecenati che avevano il piacere e la passione di spendere soldi per acquistare giocatori e far felice la gente nel tifare le loro squadre, a fondi che hanno come loro unico interesse quello di far tornare i conti, facendo apparire i giocatori come merce di scambio.
Non dico che questo ragionamento sia sbagliato a prescindere, anche perché i calciatori e i loro agenti continuano a metterci del loro chiedendo stipendi e commissioni astronomiche, ma credo che siamo molto vicini ad un punto di non ritorno.
Il mondo del calcio, nel suo complesso, è sempre più un settore in grado di incidere profondamente sul sistema Paese a livello economico, fiscale, ovviamente sportivo, ma anche sociale, fino a poter diventare un vero e proprio fattore per favorire lo sviluppo sostenibile dell’intero sistema economico e sociale italiano.
Questi numeri, di grande e crescente rilevanza, dal punto di vista della dimensione sportiva e dell’interesse generato, si traducono in importanti riflessi dal punto di vista economico; il fatturato diretto generato dal settore calcio è stimabile in 4,7 miliardi di euro; come a dire che circa il 12% del PIL del calcio mondiale viene prodotto nel nostro Paese.
Di questa cifra, il 23% viene prodotto dai campionati dilettantistici e giovanili, dalla FIGC e dalle leghe calcistiche (1,1 miliardi di euro), mentre il restante 77% (3,6 miliardi) dal settore professionistico, ovvero dal valore della produzione generato dai club di Serie A, Serie B e Serie C.
Un dato che evidenza quanto il comparto professionistico rappresenti il principale attore all’interno del sistema calcio e dell’intero sport italiano. Il calcio è sicuramente lo sport più popolare e visto al mondo, e quindi se allarghiamo questi dati a livello globale e internazionale, possiamo capire qual è l’impatto e il tornaconto socioeconomico di questo sport.
Nuove competizioni
Nuove competizioni e nuovi format:
2018-’19: Nations League
2023-’24: Supercoppa italiana a 4 squadre
2024-’25: Champions League a 36 squadre
Giugno 2025: nuovo Mondiale per club a 32 squadre
Giugno 2026: Coppa del Mondo a 48 squadre
Negli ultimi anni gli organi competenti hanno dato vita a nuove competizioni, che hanno congestionato il calendario.
La direzione intrapresa, purtroppo, non promette niente di buono, visto che a partire dalla stagione in corso, 2024-’25, alcuni giocatori delle squadre che arriveranno in fondo a tutte le competizioni, potrebbero arrivare a giocare 80 partite, con solo sei settimane di riposo, quindi una partita ogni quattro giorni, con un rischio di infortuni altissimo.
Il Milan di Sacchi, che disputò tutte le partite possibili nella stagione 1989-’90 ne giocò solo 54.

Uno studio recente condotto dal FifPro, il sindacato dei calciatori professionisti, ha monitorato il “carico di lavoro” di circa 1500 giocatori nella stagione 2023-’24 appena conclusa:
> del 50% dei calciatori è stato sottoposto a «carichi elevati» (tra 44 e 54 partite a stagione) o «eccessivi» (> 55 partite)
Il 17% degli atleti è andato oltre il limite di tolleranza delle 55 partite
1 su 3 ha subito almeno un infortunio dopo aver giocato più gare consecutive
Secondo le stime della FifPro, gli atleti di alto livello passano l’88% del loro tempo in ambiente di lavoro. Guadagnano cifre astronomiche, è vero, ma nessuna professione è così totalizzante. I numeri lasciano in eredità oggettive difficoltà legate sia alla gestione dei calciatori sia al recupero dagli infortuni.
Qui sotto sono riportate dichiarazioni di alcuni addetti ai lavori che stanno ponendo il problema di giocare troppo.
«Ho dato tutto, fisicamente e mentalmente. Il calcio al più alto livello è una centrifuga: giochi, giochi e non ti fermi mai. Io mi sento soffocare: il calciatore sta divorando l’uomo». R. Varane, calciatore francese e campione del mondo 2018, il 20-12-2023 si ritira dalla nazionale e il 25 settembre 2024 annuncia il ritiro
«Negli ultimi 2 anni ho giocato quasi 70 partite all’anno ed ho 28 anni, che fine farà Yamal che ne ha 17?»
Rodri, giocatore spagnolo del Manchester City e campione europeo 2024, 12-07-24
Rottura del legamento crociato il 22/09/24
«Ignorare le conseguenze del numero di partite e delle trasferte finirà per causare infortuni agli atleti» M. Bielsa, CT dell’Uruguay
P. Guardiola ha detto: “Senza Guardiola lo spettacolo va avanti, ma senza giocatori si ferma tutto, sono loro che devono far pressione per dire basta. Altrimenti si faccia come in NBA, che giocano 80 partite a stagione, ma hanno 4 mesi di riposo”.
Cosa dice la scienza?
Vari articoli scientifici, la cui sede di discussione non è questa, ci dicono che per quanto riguarda l’incidenza degli infortuni, il rapporto PARTITA/ALLENAMENTO è 5/1 e giocare partite a una distanza inferiore di 4-5 giorni, aumenta il rischio di infortunio del 20-30%.
I fattori che incidono sugli infortuni si dividono in modificabili (carico di lavoro, fattori neuromuscolari e fattori esterni quali sonno, riposo, stress) e non modificabili (sesso, età, infortuni precedenti e tipologia evento).
Fra quelli modificabili un fattore molto importante sono il sonno e il riposo.
Visto che nel calcio d’elitè c’è poco tempo per allenarsi, un contributo fondamentale lo dà “l’allenamento invisibile”, cioè quello formato da:
Riposo psicologico e disconnessione (famiglia, amici, hobby)
Abitudini Salutari (evitare di fare ore piccole)
Nutrizione (No alcol, fumo e cibi spazzatura)
Sonno (pietra angolare del riposo/recupero): 7-10 h al giorno
La carenza di sonno, data viaggi, rientri notturni, trasferte ecc, porta ad una mancanza di ripristino dei tessuti e quindi ad una maggior rischio di infortuni.
“Una buona dormita è molto più efficace di un buon allenamento. Il miglior allenatore è colui il quale riesce a trovare il complicato equilibrio tra allenamento, competizione e riposo. Perché ci si allena per competere, non si compete per allenarsi”.
(dott. Josè Gonzalez Perez, fondatore Deyre Center Medical di Madrid)
Le strategie
Ci sono alcune strategie che già da anni, negli staff tecnico-sanitari dei club vengono utilizzate per provare a ridurre gli infortuni, quali valutazioni antropometriche, biomeccaniche (es. FMS) e biochimiche, protocolli di prevenzione (es. Fifa 11+), esercizi di rinforzo muscolare.
In quest’ultimo periodo, visto che molti hanno scoperchiato il vaso di Pandora, si stanno pensando nuove soluzioni per ovviare al problema dei troppi infortuni e del giocare troppo. Eccone alcuni esempi:
IFAB (organo che regola il calcio): nel periodo post-Covid provvisoria, dal 2022 è diventata definitiva la regola delle 5 sostituzioni
Carlo Ancelotti (all. Real Madrid): «Stiamo pensando ad un nuovo metodo per far riposare i calciatori: concederli delle vacanze individuali durante la stagione; qualcuno potrebbe non giocare per una settimana, soprattutto chi gioca in nazionale e che non ha nemmeno un giorno di ferie, e andare a riposarsi con la famiglia».
FIFA: dal 2030 variazione nell’organizzazione dell’attività dei calciatori?
(9 mesi club + 2 mesi con le nazionali + 1 mese di vacanza)
Un ruolo importante sicuramente lo gioca il turnover, che dovrebbe servire proprio a ridurre il minutaggio nelle gambe dei giocatori.
A proposito di questo, il CT della Nazionale Italiana Luciano Spalletti, in un’intervista di ottobre 2024, riguardo ad una domanda su questo argomento si è espresso così:
“Per me non si gioca troppo, le grandi squadre hanno rose da 25 giocatori, bisogna essere attrezzati per giocare molto. Bisogna far giocare anche chi è dietro, far crescere tutti”.
Conclusioni
In conclusione, possiamo dire che il numero degli infortuni nel calcio d’elitè sta aumentando, dovuto all’aumento del numero di partite e della maggior velocità e intensità di gioco.
Le possibili strategie di prevenzione potrebbero essere:
La riduzione del numero delle partite, che però rimane un’utopia
Valutazione, prevenzione, rinforzo, recupero e riposo attuato dallo staff tecnico-sanitario
Il turnover attuato dall’allenatore
Tutto questo sempre ponendo l’attenzione sull’atleta e la sua salute per ottimizzare la performance individuale e di squadra.
Comentarios